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Written by: Inchieste

Che cos’è l’edilizia privata sociale

La ripresa d’interesse per la casa come parte essenziale della costruzione della società in Italia si è raccolta in un termine «valigia» in cui ognuno mette i contenuti che ritiene più utili o giusti: «social housing». Ne è derivata così una certa confusione che non aiuta il dialogo tra i soggetti coinvolti: enti pubblici, operatori privati e cittadini.
La casa si riferisce oggi a tre grandi modelli concettuali: pubblica (la vecchia edilizia residenziale pubblica, Erp, in affitto), privata libera (singoli appartamenti in uso diretto o in affitto, di piccoli proprietari) e privata sociale (la corretta dicitura rispetto a «social housing», introdotta in primis da Matteo del Fante di Cassa depositi e prestiti Sgr nel marzo 2010 e che include inoltre case in affitto per gli studenti, alberghi sociali e co-housing, tutte riferite all’affitto e riguardanti interi edifici. «Social housing» letteralmente significa «abitazione popolare», la definizione inglese corretta sarebbe invece affordable housing. Per completezza sono da considerare nel sistema anche le abitazioni di cooperative, forme convenzionate di sviluppi residenziali in vendita, più economici dell’edilizia privata libera per il valore inferiore del terreno.
Mentre i primi due modelli sono ormai consolidati, nella casa privata sociale è in atto una sostanziale rivoluzione urbanistica che produce abitazioni impropriamente definite «social housing». Il cambiamento di paradigma è nel considerare la casa da bene di proprietà a bene d’uso: abitazioni in affitto, a canoni sostenibili. Slegato dalla rendita fondiaria (il terreno deve costare per forza meno di prima), il prodotto residenziale privato sociale sarà di proprietà d’investitori istituzionali e genererà la parte principale del proprio reddito dalla gestione negli anni.
Nei termini è quindi insita una differenza di valore d’uso e non tecnica o architettonica. Ormai gli operatori sono concordi nel ritenere che un’abitazione privata sociale debba avere le stesse caratteristiche di un’abitazione di buon livello con finiture medie. In Olanda, il paese più evoluto in questo senso (le Woning Corporaties o Housing Associations, gestiscono il 35% delle abitazioni esistenti!) sorprendentemente non esiste il termine che identifichi alloggi privati sociali, né tantomeno è usato il termine «social housing». La stessa abitazione (woning) negli anni può passare da affitto sociale a sostenibile e poi a libero, quindi deve essere tecnicamente adatta alle differenti modalità. Accanto al cambiamento di attitudine dell’investimento nella casa sta avvenendo un cambiamento nelle politiche urbanistiche. Seguendo una corretta interpretazione che determini in modo rigoroso e trasparente ruoli e regole, la pubblica amministrazione può avvalersi dell’operatore privato per la produzione di residenza privata sociale tramite concessione di terreni con diritto di superficie definendo i canoni massimi percepibili, la durata della locazione e l’exit value (valore di eventuale vendita), nonché determinando il valore residuale del terreno. È un legame pubblico-privato che intercetta domanda sociale (d’interesse dell’amministrazione locale) e domanda immobiliare (d’interesse dell’investitore istituzionale). L’innovazione rappresentata dalle residenze private sociali si candida dunque a dare risposte adeguate e flessibili a una parte importante del problema casa, ma non a tutti. Le logiche dell’offerta della casa privata libera restano sostanzialmente indipendenti da questa evoluzione mentre la domanda che, per necessità oggettive e sostanzialmente rigide, si rivolge all’Erp, rimane un fattore al quale lo stato e gli enti locali devono continuare a prestare la massima attenzione.

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Last modified: 10 Luglio 2015